La curiosa vicenda è accaduta al Commissario del debito del Comune di Roma, che dopo essere stato esautorato per un ricorso presentato dal suo predecessore, è stato costretto a tornare sui propri passi perché quest’ultimo ha rifiutato di riprendere il suo posto.
Il governo ha revocato il provvedimento con il quale il governo precedente gli aveva affidato questo compito istituzionale.
La situazione che raccontiamo può apparire paradossale e bizantina, invece si è verificata realmente.
Il provvedimento è stato di tipo preventivo: il governo ha evitato di essere sbugiardato da un ricorso presentato presso il Tribunale amministrativo della Regione Lazio dove era stato presentato un atto di opposizione che avrebbe sicuramente trovato via libera grazie a una sentenza emessa in precedenza dalla Corte Costituzionale.
Ripercorriamo la storia.
Nel 2010 un ministro del Governo Berlusconi nominava tale Varazzani Commissario del debito dopo aver preso visione della sua lunga esperienza alla Cassa Depositi e Prestiti.
Il meccanismo con il quale lo nomina contemporaneamente revoca la persona che in quel momento occupa la sua carica.
Quest’ultimo si oppone immediatamente con un ricorso al Tar.
A questo punto gli esperti del Ministero dell’Economia cercano di raddrizzare la situazione inserendo tra gli obblighi currricolari del Commissario del debito, quella di avere una esperienza di pari livello maturata nel nel settore privato.
Questa mossa serve a salvargli la faccia, perché il loro candidato ha questa esperienza mentre l’avversario no.
Questa mossa viene fatta per favorire il Candidato del Governo.
Il ricorso alla Consulta scatta praticamente in automatico; i giudici non fanno altro che stabilire l’incostituzionalità della norma perché non è possibile legare un incarico pubblico a una pregressa esperienza lavorativa.
A questo punto il Governo corre a i ripari e cerca di auto emendarsi ritirando il decreto che aveva generato l’impari trattamento.
In questa maniera eviterebbe una pessima figura.
Ma i difensori del commissario defenestrato spiazzano tutti, opponendosi al decreto relativo al licenziamento del Commissario attualmente in carica.
Da quello che si riesce a comprendere il loro unico interesse è quello di riuscire a ottenere una sentenza di merito, non il posto di lavoro per il loro assistito.
Il risultato finale è che il commissario in carica è obbligato a mantenere il posto che occupa perché la sua firma è necessaria per convalidare provvedimenti che evitano il fallimento dello Stato.
Continua ad occupare in maniera abusiva il proprio posto, per sopravvenuta emergenza.