Il codice civile stabilisce nelle norme sul comodato o prestito senza che ne derivi reddito che un bene debba essere restituito quando il comodante ne faccia richiesta.
Questa norma comprende anche il capitolo della casa coniugale, anche il caso in cui questo provvedimento crei cambiamenti tali da sconvolgere l’equilibrio familiare.
La Corte Suprema ha stabilito ciò esaminando il caso di una donna che ottenuta in assegnazione la casa coniugale dal giudice in sede di separazione, identificabile come la casa del suocero (a suo tempo concessa in comodato alla famiglia per viverci insieme al figlio minore), ha ricevuto la richiesta di sgombrarla e restituirla.
In verità in un primo momento il giudice della prima istanza sembrava aver dato ragione alla donna, sottolineando che l’abitazione le veniva assegnata per soddisfare le esigenze abitative familiari e che il comodato d’uso era irrevocabile tranne nel caso di intervenute necessità ed esigenze serie e gravi.
La Corte in seconda istanza ha invece intimato alla donna di liberare l’immobile e di restituirlo entro e non oltre centottanta giorni dal deposito della sentenza.
La donna ha provato comunque a impugnare tale sentenza, ma la Corte di Cassazione ha ribadito tale decisione argomentando nella seguente maniera la sua sentenza: “Visto e considerato che dall’atto scritto risultava che il contratto di comodato della casa coniugale era stato concluso a tempo indeterminato, “senza alcuna menzione del vincolo di destinazione”, hanno affermato i magistrati, “il rapporto va assoggettato alla norma dell’art. 1810 del codice Civile., secondo cui, in mancanza di un termine di durata, il bene oggetto del comodato deve essere restituito dal comodatario immediatamente non appena il comodante lo richieda”.
Tale accordo non può essere modificato in maniera automatica qualora intervengano eventi straordinari oppure perché non vi è nessuna prova che il proprietario dell’immobile avesse necessità e urgenza di tornare in possesso dell’immobile.
In ultima analisi, la signora si è vista costretta ad abbandonare la casa coniugale insieme al figlio minore, a restituire le chiavi al suocero e al pagamento di tutte le spese processuali.
Nella vicenda in esame, la Corte ha anche condannato la donna al pagamento dei danni all’ormai ex suocero per aver restituito l’immobile oltre la data stabilita, negando la possibilità che da questo importo potessero essere detratte le spese sostenute dalla nuora per apportare restauri di tipo estetico e migliorie da quest’ultima effettuate all’interno della casa e di cui poteva dare riscontro con documentazione fiscale.
Le opere di restauro e rinnovamento, che il comodatario decide di realizzare sull’immobile chiesto in restituzione dai proprietari, sono il frutto di una scelta autonoma fatta nel proprio esclusivo beneficio: pertanto chi le fa non ha il diritto di pretendere la restituzione di quanto speso dal punto di vista economico per apportarle, anche nel caso in cui esse siano state realizzate al fine di concedere una esistenza più agevole al figlio minore.