La legge 104 del 1992, principale fonte normativa in tema di permessi retribuiti lavorativi, è costituita dalla legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale i diritti delle persone con handicap, la quale, come si evince dall’art 33, regola tutte quelle agevolazioni riconosciute ai lavoratori affetti da gravi disabilità e ai loro familiari che assistono una persona con handicap grave.
Tale legge è stata successivamente modificata dalla Legge 53/200, L. 183/2010 e dal d.lgs 119/2011.
L’art. 1 della legge 104 fornisce una definizione chiara e limpida sul soggetto a cui si riferisce tale legge; è, infatti, persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizza o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione e che sussiste la situazione di gravità soltanto qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale (correlata all’età), in modo da rendere così necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
Importante precisare che il soggetto richiedente la legge 104 non deve essere ricoverato a lungo degenza in una struttura ospedaliera, né pubblica né privata.
Chi ha diritto ai permessi retribuiti
I permessi retribuiti per usufruire della legge 104 possono essere richiesti al proprio datore di lavoro, sia esso pubblico che privato:
- Dai disabili che hanno un contratto di lavoro individuale dipendente o lavoratori part – time; sono, invece, esclusi i lavoratori autonomi e quelli parasubordinati, i lavoratori agricoli a tempo determinato (occupati in giornata), i lavoratori a domicilio e quelli addetti ai lavori domestici e familiari;
- Dal coniuge lavoratore dipendente; per quanto riguarda il convivente more uxorio, questo resta attualmente escluso anche se sono stati sollevati dubbi di legittimità costituzionale;
- Dai parenti o affini entro il II grado, lavoratori dipendenti, quali figli, nonni, nipoti, fratelli, suoceri, generi, nuore, cognati del soggetto disabile con lui convivente;
- Dai parenti o affini entro il III grado quali zii, nipoti, bisnonni, bisnipoti nel caso in cui i genitori o coniuge siano ultrasessantacinquenni, ovvero in caso di mancanza dovuta al decesso o ad altre patologie invalidanti legati agli altri soggetti prima indicati.
Al lavoratore disabile che viene riconosciuto handicappato grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge 104, spettano permessi retribuiti consistenti in tre giorni di riposo al mese o, in alternativa, in riposi giornalieri di una o due ore.
Anche se non esiste, tuttora, una specifica norma sul preavviso, nel caso in cui i permessi siano richiesti tempestivamente al proprio datore di lavoro, quest’ultimo non può rifiutarli legittimamente; difatti, il concetto di tempestività deve essere concretamente determinato tenendo in conto sia la necessità del lavoratore richiedente che quelle tecnico – amministrative del datore di lavoro.
A proposito della frazionabilità delle ore dei permessi giornalieri da parte dei familiari, tuttavia, a seguito del silenzio dello stesso legislatore, si deve ritenere che questi non possono essere accordati soltanto nel caso in cui tali permessi determinino problemi di natura organizzativa per l’impresa o per la sua stessa amministrazione.