Il patrimonio che viene lasciato da un defunto si definisce eredità, sia con testamento che senza; chi viene designato come erede può avvalersi della rinuncia, che deve essere il frutto di una scelta ragionata, libera da condizioni e termini, inoltre gratuita e a favore degli altri chiamati all’eredità.
La rinuncia è quindi l’atto tramite il quale l’erede formalizza di non volere acquistare i beni disposti dal defunto (ad esempio perché i debiti sono superiori ai crediti); in questo caso rimane del tutto al di fuori dalla successione e cessano gli effetti verificatesi nei suoi confronti all’apertura della stessa.
Andiamo a vedere come funziona la rinuncia e la revoca alla rinuncia dell’eredità:
E’ possibile formulare la rinuncia con una dichiarazione ricevuta dal Notaio o dal Cancelliere del Tribunale del circondario (dove si è aperta la successione); questa dichiarazione deve essere inserita nel Registro delle successioni del Tribunale.
Inoltre:
- Non deve contenere nessuna condizione;
- Non deve prevedere un termine;
- Non deve prevedere alcuna limitazione;
In questi casi la rinuncia è dichiarata nulla; secondo l’art. 480 del cod. civ. l’eredità si prescrive dopo dieci anni, quindi si può accettare e rinunciare entri questo tempo.
Decade invece dal diritto di rinunciare (e si considera erede puro e semplice) il chiamato all’eredità che ha sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa.
Revoca alla rinuncia dell’eredità
Secondo l’art. 535 del cod. civ, finché il diritto di accettare l’eredità non è prescritto i chiamati che hanno rinunciato possono ancora cambiare idea e accettare, a meno che l’eredità non sia stata nel frattempo acquistata da un altro chiamato.
E’ quindi possibile applicare una revoca alla rinuncia dell’eredità perché la norma si basa sull’assunto che la delazione ereditaria non decada per mera rinuncia; sono ovviamente fatti salvi i diritti acquistati da soggetti terzi sopra i beni dell’eredità.
La quota dell’erede che rinuncia si accresce a favore dei coeredi, senza specifica accettazione, in quanto l’accrescimento stesso si concretizza in un’espansione dell’originaria delazione.
Solamente a seguito dell’accettazione della quota accresciuta da parte degli altri eredi, la rinuncia diventa irrevocabile e non è possibile fare una revoca alla rinuncia dell’eredità.
Questa non è un atto formale e può sussistere sia in forma espressa che tacita, in quanto la giurisprudenza più recente (Cassazione 18.04.2012, n. 4070) ha confermato l’orientamento secondo il quale la rinuncia all’eredità, non fa venire meno il diritto di accettazione del rinunciante sino a quando l’eredità non viene accettata dagli altri chiamati.
Possiamo concludere affermando che l’esatta qualificazione della revoca della rinuncia all’eredità è quella di un’accettazione tardiva, in quanto non è previsto un autonomo atto di revoca della rinuncia, che è considerata solo come una accettazione che elimina gli effetti della precedente revoca.